Storia
Nei primi anni del Novecento, la comunità ebraica di Ferrara è composta da oltre 1000 persone, inserite nel tessuto sociale e culturale della città. Con l’avvento del fascismo, come numerosi concittadini, la maggioranza degli ebrei ferraresi (con alcune importanti eccezioni) accoglie la nuova dottrina, tanto che Renzo Ravenna è podestà di Ferrara dal 1926 al 1938.
Le leggi razziali promulgate nel settembre del 1938 colpiscono tutti indiscriminatamente, spogliando i cittadini italiani di religione ebraica di numerosi diritti ed escludendoli dalla vita pubblica.
A Ferrara l’astio nei confronti degli ebrei culmina per ben due volte nel saccheggio e nella distruzione delle quattro Sinagoghe, prima di quella Tedesca, poi della Fanese e in seguito di quella Italiana e di quella Spagnola.
Nel 1944, un anno dopo l’inizio degli arresti e delle prime uccisioni, l’edificio di via Mazzini 95, sede della comunità, è occupato dalle autorità della Repubblica Sociale Italiana. I beni e gli oggetti sinagogali scampati alle razzie sono requisiti. Di questi oggetti ci restano oggi solo due liste, redatte con precisione dalla Guardia di Finanza e dalla Prefettura: nell’inverno del 1944 i fascisti subiscono, a loro volta, il furto degli oggetti requisiti.
Con il difficile ritorno alla vita dopo la seconda guerra mondiale, la comunità ebraica di Ferrara eredita gli oggetti della comunità ebraica di Cento; di questa collezione parte è tutt’ora in uso, parte è esposta in mostra.